Pubblicazioni dei Soci
Carmine Alboretti, Vincenzo Marasco
Torre Annunziata. 21 gennaio 1946
S.n., Boscoreale 2008, pp. 64 con illustrazioni in b./n.
Prefazione di Giosuè Starita
sindaco di Torre Annunziata.
«Il lavoro di Carmine Alboretti e Vincenzo Marasco sullo scoppio dei carri di munizioni è una ricostruzione storica molto dettagliata che mette in risalto aneddoti, tuttora inediti, di quella vicenda così tragica per la storia della città. La riprova è data dalle cinquantaquattro vittime, ma anche dalle sofferenze patite dai senza tetto, dagli sfollati, dagli orfani nel periodo immediatamente successivo alla fine del secondo conflitto mondiale. A distanza di 62 anni ecco emergere questo profilo che lascia trasparire, non soltanto gli aspetti drammatici, ma anche quelli più incoraggianti, come l’abnegazione dei primi soccorritori, la gara di solidarietà, le visite delle personalità del mondo politico del tempo. Torre Annunziata finì per mesi sotto i riflettori della cronaca. Succede anche oggi, per motivi in parte analoghi, frutto del degrado e di una certa sottocultura che si fa strada approfittando dei coni d’ombra lasciati dal potere. Le Istituzioni si stanno mobilitando per affrontare il problema con gli strumenti adeguati, ma occorre fare molto di più, innescando uno scatto di orgoglio negli stessi cittadini i quali, molto spesso, ignorano la grande tradizione di cultura e di valori sani di cui la comunità di Torre Annunziata è stata, ed è, promotrice. In questa prospettiva il volume commemorativo dei due Autori può fornire un notevole contributo ad una partecipazione attiva della comunità torrese.»
Vincenzo Marasco
Boscotrecase, storia di una riscoperta epigrafica
S.n., Boscoreale 2010, pp. 38 con illustrazioni a colori
Prefazione della dr.ssa Agnese Borrelli
sindaco di Boscotrecase
«Un epigrafe sul portale della Chiesa Parrocchiale di Sant’Anna nel quartiere Oratorio di Boscotrecase, scomparsa e mai più trovata, viene “rievocata” e ricollocata. Si tratta di un’epigrafe di grande valore storico, nella quale vengono rappresentate e rievocate le vicissitudini del nostro paese. L’accurata ricerca dell’autore per scoprire il significato e la storia di questa inscrizione ci riporta in uno scenario “antico”, diverso da quello di oggi. Torniamo ai tempi delle grandi eruzioni del Vesuvio, alle immense colonne eruttive, alla piogge di ceneri, lapilli e pomici, alle spettacolari fontane di lava, alle colate incandescenti che illuminano la notte e il vulcano: tutte cose che per i più giovani sono solo un racconto dei nonni. Le relazioni dell’epoca scritte da coloro che l’eruzione l’hanno vissuta e l’hanno raccontata, e le immagini suggestive del Vesuvio in attività, sono la testimonianza degli “incendi del Vesuvio e dei terremoti e delle altre calamità” che hanno spinto “i cittadini di Boscotrecase a porsi sotto la protezione della miracolosa Sant’Anna” che da sempre elargisce grazie e benefici all’intera cittadina di Boscoterecase. Questo lavoro è svolto con passione da chi, figlio di Boscotrecase, vuole ricercare i particolari che esistono da sempre e che danno importanza alle nostre radici; è un lavoro che può essere fatto solo da chi ama il proprio paese e che, attraverso la ricerca del particolare più nascosto, del tassello più piccolo, desidera conoscere a fondo la propria storia. Ecco il motivo per cui la scoperta di una “semplice” epigrafe ha, in realtà, un valore grandissimo, non solo storico, ma anche culturale, sociale e, oserei dire, emotivo per tutti coloro che amano il proprio paese e che ad esso si sentono invisibilmente ma indissolubilmente legati.»
Luigi Ausiello
Parrocchia di S. Teresa di Gesù in Torre Annunziata. Un cammino lungo cinquant’anni
S.n., Torre Annunziata 2013, pp. 36 con illustrazioni in b./n.
«Questo 2013 è un anno particolare per la nostra chiesa. Difatti il 14 dicembre ricorre l’anniversario del cinquantesimo anno della sua erezione a Parrocchia con il titolo di S. Giuseppe e S. Teresa d’Avila. E’ ancora vivo in tante persone, oggi, il ricordo di quella giornata, 13 dicembre 1963, particolarmente importante sia per il quartiere che per la città di Torre Annunziata: l’allora Cardinale Arcivescovo di Napoli S.E. Alfonso Castaldo, lesse, alla presenza dei fedeli e delle autorità civili e religiose, il Decreto di erezione della chiesa di S. Giuseppe e S. Teresa a Parrocchia. Questa fu affidata alla Provincia Napoletana del SS. Cuore e di Gesù dell’Ordine dei Frati Minori per la cura pastorale. Questa antica chiesa, sorta circa quattro secoli prima, fondata dal Principe Giovanni Piccolomini d’Aragona, nel corso degli anni, ha avuto sempre dei frati: Carmelitani, Olivetani, Alcantarini, Frati Minori che l’hanno retta con sollecitudine. La popolazione è sempre stata molto legata ai frati che, anche durante i periodi bui delle varie soppressioni degli Ordini monastici, sono sempre restati in città senza mai abbandonare i fedeli, per continuare la loro missione di assistenza soprattutto ai deboli, ai poveri ed agli infermi. E’ giusto ricordare che fu proprio per loro merito che questa zona di Torre ebbe un grande sviluppo edilizio con la conseguente nascita di tante attività artigianali e lavorative in piazza S. Teresa sorsero i primi artigiani della pasta, una delle principali risorse della città. Da pochi anni la chiesa non è più retta dai frati francescani, è stata affidata alle cure di un sacerdote diocesano, don Ciro Esposito, che si è subito rimboccato le maniche e, con grande tenacia e fermezza, sta guidando la parrocchia sulla strada dell’amore di Cristo. Con questo piccolo libro no ho sicuramente presentato una storia completa della chiesa e della parrocchia. Tantissime altre cose ci sarebbero da dire e spero di riuscirvi nel tempo; bensì dai tanti uomini, frati e sacerdoti che, con dedizione, hanno lasciato il ricordo della loro testimonianza in questa chiesa, illuminati dallo Spirito Santo, per la gloria di Dio. Al termine di questo mio modesto lavoro ringrazio la Direttrice dell’Archivio Storico Comunale di Torre Annunziata, la Direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli dei Frati Minori, il Direttore dell’Archivio Storico degli Olivetani di Asciani (SI), il Direttore dell’Archivio Diocesano di Napoli che mi hanno consentito di consultare preziosissimi e antichi manoscritti e documenti fondamentali per la stesura di questo testo. Un doveroso ringraziamento devo alle Arciconfraternite di Torre, che con il loro generoso contributo economico, hanno concorso alle spese relative a tale testo.»
L’Autore.
Salvatore Argenziano, Aniello Langella, Vincenzo Marasco, Armando Polito
Alle fonti del Vesuvio. Dalle origini all’eruzione del 1631
Ed. Il Mio Libro, Roma 2013, pp. 356 con illustrazioni a colori.
«Nelle pagine che seguono abbiamo passato in rassegna, sulla scorta degli studi precedenti le fonti conosciute, integrandole per quanto la nostra capacità e la fortuna hanno consentito. In ogni caso le abbiamo riprodotte nella lingua originale corredandole della nostra traduzione, per la quale ci siamo sforzati di conservare per ogni vocabolo il significato originario o, perlomeno, quello, desumibile dal contesto, con il quale l’autore lo usa; tutto ciò ci è sembrato condizione primaria per consentire allo studioso specializzato in vulcanologia ma non in filologia di trarre le sue deduzioni scientifiche. Le nostre note, poi, hanno il compito di facilitare la comprensione e, ci illudiamo, anche l’interpretazione del testo, nonché una funzione di orientamento in un materiale non privo di insidie provenienti non solo dalle numerose falsificazioni che un po’ in tutte le epoche sono state perpetrate. Non deve stupire che accanto a cronisti (autori di cronache), viaggiatori ed antiquari la nostra rassegna comprende anche i poeti, i pittori, gli scultori: c’è chi, probabilmente esagerando, attribuisce all’arte l’unica conoscenza possibile della realtà, suscitando, naturalmente l’ilarità, anche questa, forse eccessiva, degli scienziati. Riteniamo che ogni voce vada ascoltata: non a caso, anche se il nostro spirito laico tendeva a considerarli, al di là dei grossissimi problemi di autenticità, di cronologia e di tradizione testuale, poco più che una fanfaronata, abbiamo fatto riferimento anche agli Oracula Sybillina, né abbiamo trascurato, nonostante fosse per lo più problematico spremere da loro qualche informazione concreta, nella valenza esemplare dei loro riferimenti, gli autori cristiani. Ma, tornando ai poeti, c’è da dire che, pur nella trasfigurazione che la superiore sensibilità e l’empito creativo del suo autore comportano, una poesia (ma il discorso vale per qualsiasi mentefatto e manufatto) può consentire, attraverso riscontri esterni o indiretti (la Guardia di Finanza li chiamerebbe controlli incrociati), di collocare nel tempo un evento, per quanto approssimativamente. Precisiamo che, per quanto riguarda l’eruzione del 1631, abbiamo volutamente omesso le testimonianze coeve di carattere scientifico a tutti ben note, così non abbiamo fatto per quelle poetiche anche quando il riferimento poteva, palesemente o meno, essere posteriore a tale data (integrazione che può tornare utile per futuri lavori). Qualche volta, invece, essi, i poeti e non fanno addirittura sorgere sospetti, forse avventati e precipitosi, di etilismo. Ci auguriamo che gli stessi sospetti non siano avanzati nei nostri confronti da parte dei nostri lettori di manzoniana memoria; ci dispiace pure dover chiudere queste poche note con una riflessione amara: la riproduzione di quasi tutti i testi è stata resa possibile da Google (diamo a Cesare quel che è di Cesare!); è squallido (stiamo usando un eufemismo) che in Italia, detentrice della maggior parte del patrimonio culturale dell’Umanità (così leggiamo), una analoga iniziativa non sia stata a tutt’ora intrapresa (verbo molto caro all’attuale Presidente del Consiglio) dalle pubbliche istituzioni, per attuare la quale sarebbe sufficiente, senza aggravio finanziario, dirottare alla digitalizzazione tutti coloro che attualmente (ma da tempo immemorabile) nelle biblioteche e negli archivi (compresi quelli dei conventi) si grattano la pancia, e mettere poi in rete, a disposizione di tutti (questa è la vera democrazia, per parafrasare, in un certo modo, don Lorenzo Milani), i risultati della loro fatica (!).»
Gli Autori.
Lino De Gregorio
L’appassionante storia dell’organo “Giuseppe Rotelli” di Cremona. Cento anni: tra “glorie e sventure”
Ed. Poligrafica Fusco, Torre Annunziata 2016, pp. 128 con illustrazioni a colori,
ISBN: 9788899927004
«Il mastodontico organo sinfonico/orchestrale fu costruito in occasione dei festeggiamenti del Centenario del Miracolo dall’eruzione vesuviana del 1822. Il Parroco Don Emilio Lambiase, volle far costruire in occasione del centenario del miracolo (1922) un grande nuovo organo adatto alla grandezza della chiesa, munita ancora di un organo positivo di scuola napoletana. Il desiderio del parroco era quello di possedere un organo similare a quello costruito per il Santuario della Beata Vergine del Rosario nella vicina Valle di Pompei, commissionato dal Beato Bartolo Longo alla Ditta Pacifico Inzoli. L’organo di A.G.P. fu inaugurato il 18 ottobre 1922. Il prezzo, esorbitante per l’epoca, fu di £. 100.000 (centomila) grazie al contributo degli industriali e dei pastifici di Torre Annunziata. Uno strumento questo fino a pochi anni fa quasi sconosciuto che grazie alla corretta diffusione di notizie da parte di Lino De Gregorio e Vincenzo Marasco, attualmente è menzionato da esperti del settore organario ed organisti italiani. Potrebbe essere considerato come un vero gioiello d’arte organaria e di falegnameria per la stupenda cassa che racchiude lo strumento, ancora integro nella componentistica (escludendo le canne di facciata) inopportunamente sostituite durante il recente tentativo di manomissione dello strumento effettuato da persona incompetente e sprovveduta che con poca umiltà ha voluto azzardare un ripristino dello strumento fermo totalmente dal terremoto del 1980, ottenendo scarsi ed insignificanti risultati e spreco di denaro pubblico e dei fedeli contribuenti. Il presente libro guiderà il lettore in un percorso storico ed analitico che nasce dalle procedure di contrattazione per la costruzione del nuovo strumento alla descrizione di spiacevoli vicende, diatribe e sventure subite durante i suoi quasi cento anni d’esistenza (dall’inaugurazione disastrosa, la seconda guerra mondiale, l’eruzione del Vesuvio del 1944, lo scoppio dei carri il 21 gennaio del 1946, al terremoto del 23 novembre del 1980) che rese muto lo strumento per altri 35 anni.
Nel libro non è citata la recente cronaca, consistente in un falso spiraglio di luce apertosi nel 2010 quando un’effimera occasione espressa attraverso piccoli gemiti e segnali di rinascita, fece sperare nella totale rinascita dello strumento. L’ennesima opportunità sprecata da parte della Basilica della Madonna della Neve e della Città di Torre Annunziata di riappropriarsi di un valido monumento artistico, reso purtroppo ancora inidoneo e funzionale almeno alla liturgia, ampliando la valenza verso eventuali concerti, incisione di dischi, masterclass per studenti d’organo e manifestazioni culturali sul territorio. Tutto è ricaduto nell’ennesima inattività dello strumento (tuttora muto), per causa di un’estrema superficialità ed incoscienza di chi ha voluto e gestito il tentativo di restauro, autorizzando senza rivolgersi ai relativi organi competenti dello Stato e della stessa Curia Nolana, oltre a Ditte specializzate, ma “fidandosi” della mano inesperta di un sedicente organaro a provocare un danno nei riguardi di uno strumento musicale d’epoca, dotato di particolari caratteristiche di trasmissione e registri, violando contemporaneamente le leggi di tutela e conservazione di un “bene artistico culturale” di un certo valore patrimoniale e di pubblica fruizione.»
L’Autore
Gli Organisti Municipali del secolo XIX in servizio presso le principali chiese di Torre Annunziata
Una professione svolta tra precarietà e conflitti d’interesse, idonea “quasi sempre” al supporto della preghiera e sublimare l’animo dei fedeli col suono dell’organo
Ed. Associazione Giuseppe Serassi, Guastalla (RE) 2018, pp. 70 con illustrazioni in b./n.,
ISBN: 9788898958764
Introduzione di Marasco Vincenzo
presidente del Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”
«La ricerca e la salvaguardia della memoria storica locale condotta nel corso dei secoli da decine, se non centinaia, di studiosi, come ci testimoniano indagini bibliografiche ancora in corso effettuate con lo scopo di realizzare un censimento preciso su quanto si è scritto a riguardo del territorio di Torre Annunziata, ci rivelano quanto sia ricco di argomentazioni il contesto antropico torrese. Agli argomenti già trattati e resi noti al pubblico lettore interessato alle varie questioni storiche locali, ci si aggiungono ogni qualvolta che uno studioso si lancia nella difficile opera di ricerca sempre nuovi tasselli, che come un puzzle, vanno ad arricchire e ad allargare maggiormente il già vasto repertorio di notizie da noi conosciute. Questo ci evidenzia soprattutto quanto sia ricco e vasto il nostro patrimonio storico, artistico, urbanistico e di vicende locali. Per questo reputo fondamentale cautelare le fonti cartacee, specialmente quelle di natura archivistica, in quanto proprio grazie ad esse ancora oggi è possibile continuare a valorizzare peculiarità territoriali importanti. L’opera dell’autore di questo libro, frutto di una ricerca certosina e lineare, si ricollega perfettamente a quanto ho specificato sopra riportando alla luce, proprio grazie alle fonti citate, un aspetto distinto cittadino del tutto inedito: nessuno mai fino a questo momento aveva rivolto la propria attenzione nei confronti delle maestranze organarie che un tempo avevano trovato in città, in alcuni casi anche in modo indebito, come l’autore ci dimostra, un ruolo di rilievo nella intricata piramide sociale e amministrativa comunale torrese. Il M.° Lino De Gregorio, servendosi in larga parte del prezioso fondo archivistico municipale, è riuscito a delineare una situazione da cui vengono alla ribalta sfaccettature piuttosto singolari su quanto trattato; l’organista a Torre Annunziata era divenuto un “mestiere” ambito, con una remunerazione comunale vista alla stregua di un dipendente municipale, tanto da essere occupato talvolta, come è stato rilevato, da persone che addirittura non avevano nemmeno le conoscenze specifiche di un repertorio consono al contesto religioso per cui si era stati impiegati, creando così addirittura “scandalosi” attimi che esulavano dall’austerità del momento sacro. Inoltre chi scrive rende chiaro anche un quadro amministrativo complicato legato a quella che era divenuta oramai una gravosa macchina religiosa che andava a pesare in modo esponenziale sulle casse comunali a cui si chiedevano sussidi e stipendi che man mano divennero insostenibili. Insomma l’autore grazie al suo acume di appassionato cultore ed esperto organista ci fornisce una panoramica storica ineccepibile rendendoci una situazione cristallina, del tutto nuova, mai riportata in luce. L’Archivio Comunale di Torre Annunziata, con il suo ricchissimo patrimonio informativo, si rivela ancora una volta fondamentale per questo genere di ricerche e, come in questo caso, essenziale affinché anche questa operazione riuscisse nel modo quanto più accurato possibile. Ed è proprio grazie a questo fondo cartaceo che la città di Torre Annunziata può vantarsi di avere un punto di riferimento come pochi hanno sul territorio vesuviano, indispensabile per la sua riscoperta storica. Per questo c’è bisogno che vada continuamente attenzionato, affinché gli studiosi e i tanti che ancora si impegnano ad arricchire la sfera culturale cittadina, con opere encomiabili come questa, possano trovare un ausilio e un punto di riferimento sicuro. Ma oltre ciò anche la città tutta deve sentirsi doverosa nel preservare questo scrigno nel quale, oltre alla materia cartacea, sono custodite le identità di un popolo, le notizie sulle opere e i segni del passaggio dei nostri antenati.»
Carmine Alboretti, Ferdinando Ciani Passeri, Gennaro Cirillo
La Parrocchia di San Giuseppe in Torre Annunziata
Ed. Il quaderno edizioni, Boscoreale 2018, pp. 98 con illustrazioni in b./n., ISBN: 978832098013
Prefazione di S.E. Rev.ma Mons. Francesco Marino
Vescovo di Nola
«La Parrocchia di San Giuseppe, e prima ancora la Chiesa rettorìa, rappresenta per il territorio un punto di riferimento imprescindibile. E questo conferma ancora di più lo spirito profetico del Beato Bartolo Longo che ne promosse la costruzione presso una famiglia del posto, affinché i coloni potessero ricevere un’assistenza spirituale costante. Don Eustachio Montemurro, sacerdote e medico pugliese dalla profonda spiritualità, insieme al suo fedele confratello ed assistente, don Saverio Valerio, giunto a Pompei per collaborare con l’avvocato apostolo del Rosario, ne assunse la direzione, profondendo tutte le sue energie a beneficio degli ultimi. Quando si incontravano in questa piccola ma accogliente chiesa, don Eustachio ed il Beato Bartolo recitavano il Santo Rosario e poi si confrontavano sulle iniziative da prendere per alleviare le sofferenze degli indigenti. Lo stesso faceva San Giuseppe Moscati, collega e amico del primo rettore, il quale non interruppe mai l’esercizio della professione medica. Ecco allora che il Crocevia dei Paeselli Vesuviani (da cui “Croce di Pasella”) è diventato crocevia di grandi uomini ispirati a Dio, di Santi immersi nella realtà sociale. I fedeli del luogo, ben conoscendo questa grande eredità spirituale, confidando nell’aiuto della Divina Provvidenza, per intercessione di San Giuseppe e della Vergine SS. della Neve, protettrice di Torre Annunziata, hanno accolto di buon grado la chiamata a ricostruire la Casa del Signore che stava cadendo a pezzi a causa della mancanza di manutenzione. Oggi la Parrocchia di San Giuseppe, affidata alla cura pastorale di don Ferdinando Ciani Passeri, è una realtà viva che lavora assiduamente per arginare il degrado e le varie forme di devianza. Il volume che racconta la sua storia, ad un anno di distanza dalla fine del Giubileo, vuole, dunque, essere un tributo a quanti, nell’arco di un secolo e oltre, hanno operato diffondendo i semi della fede, della speranza e della carità in un territorio per troppo tempo segnato dall’abbandono da parte di chi, invece, avrebbe dovuto occuparsene, garantendo condizioni di vivibilità e sicurezza adeguate.»