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La rivolta dei campanelli delle donne di Ottaviano: un’azione di Resistenza, antesignana della Guerra di liberazione italiana

Partigiani a Pistoia il 9 dicembre 1944. (Keystone/Getty Images)

di Vincenzo Marasco

Nei territori vesuviani l’Estate del 1943 venne segnata dagli intensi bombardamenti degli Alleati. Le fortezze volanti concentrarono le loro azioni per lo più sugli snodi cruciali di comunicazione e su tutte quelle località dove ancora i comparti industriali esistenti potevano alimentare lo sforzo bellico dell’asse nazifascista.

Le incursioni aeree su Napoli, che proseguivano in modo incessante dal 1941 causando lutti e disastri al tessuto urbano, crebbero di intensità riversando verso i paesi vesuviani una marea di sfollati in cerca di riparo in luoghi definiti più tranquilli. Tuttavia gli aerei Alleati, con il loro carico di morte e terrore, non risparmiarono la provincia partenopea e pesanti bombardamenti, qualche volta frutto di errori di valutazione, riguardarono i centri vesuviani.

In questo periodo, anche a cadenza giornaliera specialmente durante il mese di Agosto,  bombardamenti interessarono, i territori di Somma Vesuviana, Ottaviano, San Giuseppe Vesuviano, San Gennariello, Terzigno, Pompei e Torre Annunziata, dove oltre a causare ingenti danni agli impianti infrastrutturali e alle vie di collegamento ferroviario, gli ordigni cadevano sempre più spesso sui centri abitati causando centinaia tra morti e feriti tra le popolazioni civili. Aspetto che andò maggiormente ad intensificarsi durante il mese di Settembre, dopo la firma dell’Armistizio e le settimane che anticiparono l’arrivo degli Alleati nel Napoletano.

Alcuni dei bombardamenti più intensi subiti dai paesi della fascia occidentale del Vesuvio, furono quelli che andarono a colpire Torre Annunziata durante la giornata del 29 agosto e la notte successiva. Fonti testimoniano che le bombe colpirono inizialmente lo scalo ferroviario, dove si incendiarono centinaia di vagoni di cui alcuni carichi di bombe ad alto potenziale. Ancora, quelle sganciate dalla stessa incursione, riguardarono gli impianti dell’ILVA, dell’Officina Ricciardi in Via Castriota, il pastificio Iapicca in Via Sambuco, la caserma Toselli e la centrale elettrica, causando anche la rottura della diga di Bottaro. Il bilancio fu di 13 morti e 12 feriti. Durante la notte invece, le incursioni si andarono ad abbattere sullo scalo ferroviario di Torre Annunziata Centrale, gli impianti industriali e sul centro abitato, investendo il porto con i suoi Magazzini Generali, gli edifici di Via Cavour, di Via Maresca, Via Vittorio Veneto e Corso Umberto I. Il bilancio provvisorio fu drammatico. Dalle macerie degli edifici crollati in un primo momento si estrassero 41 corpi, con altre vittime certe ancora sotto altri edifici danneggiati minati dalla presenza di bombe inesplose.

Alle preoccupazioni delle popolazioni della fascia meridionale vesuviana, derivate dai continui bombardamenti, si aggiunsero quelle della presenza a ridosso dei paesi delle batterie contraeree, talvolta posizionate anche nei centri urbani e le zone industriali, il riposizionamento delle truppe germaniche e i rastrellamenti dopo l’8 settembre di uomini abili al lavoro, per alimentare la manodopera utile per la creazione di baluardi difensivi oppure inviati in Germania per tenere vive le fabbriche di materiale bellico tedesco.

La mattina del 30 agosto 1943 a Ottaviano una singolare protesta, inscenata da alcune donne del paese, esalta un antesignano sentimento di Resistenza già strisciante presso i grandi centri urbani del Centro Nord italiano anche in virtù dello sbarco in Sicilia avvenuto con buon esito il 10 luglio. L’azione delle donne di Ottaviano diventa così premonitrice delle rivolte e gli scontri contro le oppressioni nazifasciste, che si accesero tra Salerno e Napoli dopo l’8 settembre.  

La notizia diffusa da alcuni ragazzini del passaggio dal centro abitato di Ottaviano di un drappello di tedeschi,  con alcuni mezzi contenenti pezzi d’artiglieria che si andavano a posizionare sulla alture della Valle delle Delizie, mise in allarme gli ottavianesi. Questa si rese attendibile dal fatto che poco prima che i ragazzini cominciassero a diffonderla, vennero visti tre autocarri germanici attraversare il paese diretti verso la parte alta, ed anche dal fatto che in precedenza erano circolate voci premonitrici sul possibile arrivo in Ottaviano di truppe tedesche. Comunque sia, presto si diffuse il panico tra la popolazione, specie fra le donne, in quanto con l’arrivo dei nazisti, con a seguito pezzi di artiglieria e batterie antiaeree, si temevano bombardamenti in paese, quindi lutti e devastazioni, come era già avvenuto nei paesi limitrofi e in particolar modo a Torre Annunziata. E inoltre si temeva che questi potessero poi attuare il rastrellamento degli uomini da inviare verso i campi di lavoro.

Una lettera redatta il 20 agosto del 1946 dalla legione territoriale dei Carabinieri di Napoli della Tenenza di Torre Annunziata (N.78/80 di prot. div. 3a , risp. al foglio n.207/Marzo del 14 andante), comandata dal Sottotenente comandante alla Tenenza Osvaldo Salcuni, indirizzata alla Commissione per il riconoscimento delle qualifiche partigiane della regione Campania, informa sui fatti accaduti a Ottaviano il 30 agosto del 1943:

«Certa Murolo Anna fu Vincenzo d’anni 28, casalinga, spaventata più delle altre, ritenendo nella sua ignoranza di donna di popolo che una protesta in massa

Amalia Liguori posa orgogliosa col suo carretto della frutta in una foto degli anni ’50. Si ringrazia Benito Cinque, nipote di Amalia, per la gentile concessione. Foto restaurata da Felice Marciano.

potesse avere per immediato effetto l’allontanamento delle presunte batterie alleate (si parla di alleati in quanto il 30 agosto vigeva ancora il “Patto d’Acciaio” con la Germania siglato il 22 maggio del 1939, che cadrà con la firma dell’Armistizio dell’8 settembre 1943, n.d.a.), andò a casa, si munì di una campanella usata per buoi onde attirare l’attenzione dei cittadini incitandoli alla protesta. L’oggetto passò poi nelle mani di Liguori Amalia fu Domenico di anni 48 – nata a Ottaviano il 27 luglio 1898, maritata con figli e uno storpio dimorante in Via Roma, fruttivendola, analfabeta -, di carattere un po’ esaltato, la quale continuò ad agitare la campanella nella piazza del paese. In breve si radunarono davanti la casa comunale molte persone, fra le quali diverse erano munite di bastoncino con un fazzoletto bianco legato all’estremità. Tutti chiedevano l’allontanamento dei tedeschi e la pace!

Le autorità locali in collaborazione con l’Arma del luogo si recarono subito in località Valle delle Delizie, dove notarono tre automezzi germanici carichi di proiettili, ma senza cannoni. Dai pochi soldati del drappello si venne a conoscenza che essi si erano portati colà per errore. Difatti nello stesso giorno si allontanarono. La folla che stava in piazza fu resa edotta della cosa ed assicurata che le autorità del luogo si sarebbero recate a Napoli per avvertire il Prefetto dello stato d’animo della popolazione. La dimostrazione ebbe così termine senza incidenti.

L’Arma di Ottaviano diffidò varie donne per l’azione inconsulta, fra le quali la Murolo Anna e la Liguori Amalia, protagoniste della manifestazione, siccome in contrasto all’ordinanza emessa il 26 luglio 1943 dal comandante del 19° Corpo d’Armata di Napoli (Generale di Corpo d’Armata Enea Navarini, n.d.a.), che vieta ogni assembramento pubblico.

Alcuni giorni dopo, alle autorità provinciali, pervenne all’Arma di Ottaviano l’ordine di denunciare in istato d’arresto i promotori del movimento, arresti che furono limitati alle sole Murolo Anna e Liguori Amalia, per ovvie considerazioni.»

Le due donne vennero trasferite presto a Napoli e rinchiuse nel carcere di Sant’Erasmo in attesa di processo. Vennero poi liberate nel mese di Ottobre dopo l’ingresso in città delle truppe Angloamericane.

Scheda d’archivio riferita alla pratica di Amalia Liguori. Fonte: ACS, RICOMPART

Mentre Anna Murolo che lanciò l’azione è stata del tutto dimenticata, il 18 settembre 1946 la Commissione per il riconoscimento delle qualifiche partigiane della regione Campania,  riconosce ad Amalia Liguori la qualifica di “Patriota” «per aver collaborato alla cacciata effettiva delle truppe nazifasciste prima delle 4 Giornate di Napoli» (Pratica 207 della Commissione per il riconoscimento delle qualifiche di partigiano o patriota per le regioni: Campania, Puglia, Lucania e Calabria – Ministero per l’Assistenza post-bellica). Un giusto riconoscimento ad una donna vesuviana, che a rischio della propria vita, osò pronunciarsi “ante litteram” contro la prepotenza nazifascista a difesa della propria comunità.

Che questo scritto possa dare giustizia alla loro Memoria. 

 

Fonti:

 

Archivio Centrale dello Stato di Roma, Fondo “RICOMART”, Commissione riconoscimenti partigiani per la regione Campania

Gaetano Mazzanti, Obiettivo Napoli. Dagli archivi segreti angloamericani i bombardamenti della 2a Guerra Mondiale, Provincia di Napoli, Roma 2004.

Simon Pocock, Campania 1943, Volume II, Provincia di Napoli parte I: Zona Est, Three Mice Books, Napoli 2009

Pasquale Schiano, La Resistenza nel Napoletano, CESP, Napoli 1965