CentroStudiStorici"Nicolòd'Alagno"

Pubblicazioni del Centro


Vincenzo Marasco

Abbraccio a “Maria ‘a sposa”: rievocazione storica di un mito

Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”, Torre Annunziata 2011, pp. 8. con illustrazioni in b./n.

«Quante volte nella nostra vita abbiamo ascoltato “nù cunte” o un episodio che abbia lasciato un segno indelebile nella psiche di un individuo, talvolta in un contesto sociale intero? La risposta è tante, poche, addirittura, unica volta. In tal caso, “ù cunte”, ovvero il racconto, che da qui vi narreremo, con questo nostro piccolo contributo alla storia antropologica e sociale della nostra città, non può essere più definito come tale, in quanto evolutosi, e passando dallo stadio di semplice racconto, a quello di una credenza popolare, può essere tranquillamente assumere la definizione di “mito”. E, Torre Annunziata, in seguito a questa narrazione investita di sacralità, dai risvolti che affondano le proprie radici negli antichi riti pagani insinuati dal sottile mistero, coperto e costruito dalla psiche di chi lo ha saputo magistralmente edificare, anch’essa, ha vissuto in maniera passionale il proprio mito.»


Vincenzo Marasco

Torre Annunziata nella cartografia antica.

Analisi toponomastica e  iconografica di Torre Annunziata nella cartografia antica con riferimenti a Sylva Mala

Ed. Il mio Libro, Gruppo L’Espresso, Roma 2011, pp. 92 con illustrazioni a colori.

«Continuando la raccolta degli studi sulla cartografia antica inerente alla Torre dell’Annunciata, non potevamo tralasciare un importante varietà toponomastica legata al nostro centro dettata da secoli di realizzazioni e studi  cartografici. L’analisi che seguirà non si soffermerà al solo particolare inerente alla Torre dell’Annunciata, ma in considerazione agli studi precedenti relativi  alla stessa tematica, non potevamo tralasciare inosservato una vicinanza importante qual è la Sylva Mala, territorio che si interseca nelle vicissitudini storiche della Torre dell’Annunciata e dove ricadono non pochi interessi storici. In tal caso, questo studio mirerà ad analizzare le particolarità dei nostri due toponimi, e sue adiacenze, e a far chiarezza sulla loro mutazione nel tempo e, dove vengono riscontrati, far chiarezza sugli errori di trascrizione che talvolta erano frequenti. Seguirà in merito un ordine cronologico di tutte le  testimonianze cartografiche in nostro possesso.»


Vincenzo Amorosi

Emblemata Sarnese. Stemmi di famiglie nobili e notabili di Sarno

Collana “Album Praeconium”, I

Ed. Il Mio Libro, Roma 2013, pp. 326 con illustrazioni in b./n.

«Questa collana nasce con l’intento di offrire agli appassionati una piacevole visione di raffigurazioni araldiche, fatta di stemmi disegnati a tratto e raccolti secondo tematiche precise e per il futuro unite anche in tematiche miscellanee diversificate. Ho voluto dare visione degli emblemi in un solo piano di lettura con la blasonatura affiancata alla tavola di riferimento. Gli stemmi delle famiglie sono stati rilevati durante il percorso di una ricerca storica svolta in diversi anni di studi sulla Città di Sarno, in cui ho notato stemmi spesso blasonati, ma alcuni mai rappresentati. L’idea di disegnarli fu maturata in altri luoghi, in altro tempo, condivisa in altri modi e con persone oggi dimentiche. Il metodo utilizzato è quello di Padre Silvestro di Pietrasanta (1590-1647), che adottò per primo il sistema di raffigurazione degli smalti attraverso il tratteggio, operazione che il gesuita rese pubblica nel 1637 utilizzando il metodo proposto da Vulson de la Colomber. Si dice che il bello è realizzato da cose semplici e dirette, questo ne è un piccolo esempio. Album come raccolta di tavole, praeconium come l’azione insita dell’araldo.»

L’Autore.


Luigi Ausiello

La Parrocchia di Santa Maria del Buon Consiglio e Sant’Antonio in Torre Annunziata

S.n., Torre Annunziata 2013, pp. 74 con illustrazioni in b./n.

Presentazione di don Giuseppe Conca

Parroco pro tempore della Parrocchia di Santa Maria del Buon Consiglio e Sant’Antonio in Torre Annunziata

«Con piacere presento alla comunità cristiana e alla Città di Torre Annunziata questo libro. Esso vuole narrare la prima tappa della storia dell’ultima comunità parrocchiale arrivata in Torre Annunziata. Possono sembrare solo date, avvenimenti esterni, cambio di parroci e quant’altro, ma in filigrana noi credenti leggiamo la storia che Dio ha voluto e vuole realizzare non solo per i credenti ma anche per contagio per tutte le persone che sono venute a contatto con questa Parrocchia.

Non meno importante, c’è ancora tanta altra storia di salvezza da realizzare con l’aiuto di Dio. Per cui non è solo opera di ricordo, quasi nostalgico dei tempi andati, ma un proiettarsi sul futuro che sta davanti a noi per costruire con le armi della fede il Regno di Dio. Per cui grazie al Diacono Luigi Ausiello che ha preparato questo libro; grazie anche a tutte le persone che hanno raccontato qualcosa di questa parrocchia, ma soprattutto grazie a Dio che nella sua fedeltà ha piantato la sua tenda in questo lembo di Torre Annunziata.»


Angelandrea Casale, Vincenzo Marasco, Vincenzo Amorosi, Pasquale Marciano      (a cura di)

Archivio storico della Parrocchia Ave Gratia Plena, Basilica pontifica di Maria SS. della Neve in Torre Annunziata.

Inventario

Ed. ESA (Edizioni Scientifiche e artistiche), Torre del Greco 2015, pp. 264 con illustrazioni a colori, ISBN 9788895430959

Prefazione della dr.ssa Maria Luisa Storchi

Soprintendente archivistico per la Campania.

«Come possiamo descrivere l’emozione che lo studioso prova nella riscoperta di un antico manoscritto, in particolar modo di prima mano? È una sensazione unica. Solo gli specialisti del campo o gli appassionati e attenti scrutatori delle vicissitudini di un tempo, specialmente se legate ad una determinata argomentazione che rivela ciò che era il proprio luogo d’origine, possono farci percepire le sensazioni che prevalgono da quanto di magnifico avviene  nel proprio essere quando si tocca con mano ciò che altre mani, nel più dei casi, secoli addietro, avevano impresso nella cellulosa. E il ritrovamento di un archivio, di un fondo di documenti, ancora in parte inesplorato o disperso e poi riaffiorato, è sempre da considerarsi una vittoria che lo studioso riporta nei confronti dell’effetto degradante e annientante del tempo. La vittoria consiste nel poter riscrivere fatti “incontaminati”, dare nuove motivazioni di rivalsa ad una questione oramai creduta estinta, o, semplicemente, poter narrare agli interlocutori parte della loro storia arricchita dei particolari nuovi e affascinanti sepolti nella polvere dei secoli. E alla vittoria della scoperta, ancor più a soddisfare lo studioso, in maniera fantastica, e se Iddio lo volesse, occorrerebbe il ringraziamento di tutti quegli uomini, i personaggi di un tempo che hanno permesso l’accatastamento di centinaia e centinaia di metri lineari di carte, di storie remote. E loro, riesumati anche per un solo momento, grazie al lavoro certosino di quanti si appassionano alla ricerca archivistica, ritornando alla ribalta, da gran protagonisti, sulle loro labbra e nei pensieri, si renderanno nuovamente attori di quelle antiche venture. Insomma, il rispolvero e la risistemazione di un antico fondo archivistico rimangono un modo fondamentale per far rivivere in maniera eccezionale non solo dei fatti, ma anche degli uomini.»


Vincenzo Marasco, Antonio Papa

51 episodi storico giornalistici su Torre Annunziata. Raccolta I (dal 1882 al 1972)

Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”, Torre del Greco 2015, pp.158 con illustrazioni in b./n., ISBN 9788895430973

Prefazione del dr. Massimo Corcione

Managing Director Sky Sport

«Da troppo viviamo di ricordi, di aneddoti che nel tempo si deformano, senza che vi sia più traccia del racconto originale. Quella volta che al Lido c’era il principe De Curtis, in arte Totò… O quell’altra che Patty Pravo esibì uno dei primi vertiginosi bikini… O quando spararono a Bambiniello… O ancora la leggenda di Maria ‘a sposa che sfido chiunque a proporre in una versione che sia almeno verosimile… Frammenti di cronaca quotidiana che dovrebbero rendere l’idea di quel che è stato e non è più. Ma se i particolari mutano, mai fissati sulla carta o su un’immagine, tutto diventa stramaledettamente più difficile, se non impossibile. Strana gente, noi torresi: preferiamo la tradizione orale, la storiella che passa di padre in figlio, alla sistemazione del nostro passato ormai remoto. E tutto evapora come bollicine in una coppa di champagne; quel che resta è un vino innaturalmente fermo, proprio come fermi siamo noi, impantanati in un presente dove poco o nulla si muove. Ma per fortuna c’è ancora chi insegue il passato per disegnare un futuro più bello. Senza nostalgia, e con la coscienza degli errori commessi: solo la metabolizzazione può aiutare a evitare pericolose repliche.

Vincenzo Marasco e Antonio Papa hanno lanciato una doppia sfida: a sé stessi e a tutti noi smemorati. Hanno provato a dragare e a sistemare una massa di ritagli, spezzoni di file, fotografie ingiallite o sgranate per mettere
in fila e dare un senso al materiale raccolto in un due vite profondamente diverse. Una passione per la storiografia quella che anima Vincenzo, una dedizione meticolosissima per il dettaglio cronistico illumina l’esilio lombardo di Antonio: insieme formano una coppia perfetta; unita, anzi cementata dall’amore per le proprie radici. Le nostre radici: l’immagine evocata è fisica, perché quel sentimento affonda tutto nella testa di tutti noi che Torre la vorrebbero come forse non è mai stata. Leggere questo libro per credere. C’è tutta la nostra storia quotidiana: dall’esplosione dei carri alle polemiche che seguirono; dalla celebrazione delle piccole grandi glorie agli orrori commessi in casa e in trasferta. C’è l’aviere ardimentoso e la direttrice di banda, l’annuncio del soggiorno a Villa Filangieri di un principe prussiano e la cronaca delle prime, durissime manifestazioni operaie. Torre città d’avanguardia nella lotta sindacale come nel calcio. Trova cittadinanza e spazio anche l’avventura del Savoia quasi scudettato, e la distanza sembra ancora maggiore del (quasi) secolo trascorso. Torre più importante di Napoli in molti campi. La tentazione è forte: cadere nella celebrazione di quello che fu. Niente sarebbe più contro produttivo. E niente è più lontano dalle intenzioni di Vincenzo Marasco e Antonio Papa, uomini del presente e del futuro. Tutti insieme guardiamo a Torre Annunziata come vorremmo che diventasse. Per migliorare bisogna conoscere, studiare, approfondire. Libri come questi aiutano, grazie d’averlo realizzato.
Potrà essere utile come un’opera pubblica.»


Vincenzo Amorosi, Gaetano Damiano

Stemmi di Murat. Titoli e nobiltà del Regno di Napoli

Ed. ESA (Edizioni Scientifiche e artistiche), Torre del Greco 2016, pp. 160 con illustrazioni in b./n., ISBN 9788895430867

Prefazione del prof. Francesco Barra

Professore ordinario di Storia moderna presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Salerno.

«La felice collaborazione tra Vincenzo Amorosi e Gaetano Damiano – rispettivamente un qualificato studioso di araldica e un valente archivista, dotato altresì di viva sensibilità storica– ha prodotto con questo volume un’opera che colma una lacuna nella storia del Decennio napoleonico nel regno di Napoli. Il tema della nobiltà creata da Giuseppe Bonaparte e, soprattutto, da Gioacchino Murat, non era stato infatti finora indagato. Il taglio del volume è essenzialmente tecnico, volto com’è a ricostruire l’individuazione dei beneficiari, la concessione dei titoli, l’elaborazione e la descrizione dei blasoni araldici. In realtà, al di là di questo specifico aspetto, lo studio offre allo storico uno strumento prezioso per la conoscenza del personale di governo del Decennio, visto attraverso la particolare angolatura di quell’élite burocratico-militare, meridionale e francese, che ottenne la nobilitazione. Gli autori, grazie ad una tenace e approfondita ricerca documentaria, hanno infatti ricostruito le schede biografiche, spesso corredate da una preziosa iconografia, degli 85 titolati: 58 “regnicoli” e 27 francesi, dei quali 48 provenivano dai ranghi delle forze armate e 37 dall’amministrazione dello Stato. Ne risulta una “mappatura” assai utile a comprendere le strategie della selezione della classe dirigente, vista e analizzata nella peculiare strategia politico-dinastica che guidava le scelte di Murat. Il lettore incontrerà nomi notissimi come altri assai meno noti, nonché dei veri e propri sconosciuti alla grande storia, ma che all’epoca rivestirono ruoli importanti, e che quindi risultano quanto mai interessanti e significativi.»


Vincenzo Marasco, Lucia Muoio (a cura di)

I Lumi della Torre

Il ruolo dell’Università nella scoperta e nella valorizzazione storica, artistica e culturale del territorio di Torre Annunziata.

Atti delle giornate di studi. Torre Annunziata 14/15 ottobre 2016.

Ed. ESA (Edizioni Scientifiche e artistiche), Nola 2017, pp. 246 con 32 tavole a colori, ISBN 9788899742263.

Indice degli atti:

Nicola Caroppo, Il santuario di San Michele a Tre Pizzi (Faito), il monastero di San Michele sull’isolotto di Rovigliano e la visibilità dal mare: un’ipotesi di ricerca, pp.23-36;

Antonella Dentamaro, L’arte del Rinascimento a Torre Annunziata: gli arredi liturgici scolpiti della Santissima Annunziata, pp. 37-58;

Mario Quaranta, Le ville del Parco Filangieri a Torre Annunziata tra architettura eclettica e Liberty, pp. 59-98;

Adelina Pezzillo, La Real Fabbrica d’Armi di Torre Annunziata, pp. 101-150;

Raffaele di Ruocco, “Dal Cineteatro Metropolitan di Torre Annunziata al Forum Anderson”. Regia cinematografica come supporto alla rappresentazione dell’architettura, “Wes Anderson”, pp. 151-165;

Roberto Avino, Giovanni Farina, Permeabilità e integrazione tra città e mare: riqualificazione del lido Santa Lucia a Torre Annunziata attraverso la progettazione di un centro benessere con annessi spazi aggregativi, di una torre polifunzionale con servizi turistico-ricettivi e di moduli abitativi temporanei, pp. 167-195.

Presentazione dei Curatori

«Molte volte è stato ribadito, in ambito politico e associativo, che la speranza del rilancio socio-politico e culturale di Torre Annunziata debba essere affidata soprattutto a quei giovani che sempre più spesso si dimostrano interessati e attivi nelle vicende cittadine. In virtù di questa convinzione, sempre più palpabile in città, sono state gettate le fondamenta di un progetto culturale di ampio respiro: “I Lumi della Torre. Il ruolo dell’Università nella scoperta e nella valorizzazione storica, artistica e culturale del territorio torrese”: due giornate di studi affidate a giovani universitari, che con il loro fondamentale apporto mirano alla scoperta, alla salvaguardia e alla trasmissione del nostro patrimonio culturale. L’idea di organizzare un convegno dedicato a Torre Annunziata, i cui protagonisti fossero proprio i giovani laureati, è nata quasi per caso. L’anno scorso, infatti, svolgendo alcune ricerche nell’Archivio storico locale per rintracciare testimonianze utili all’allestimento di una mostra documentaria sui paratori della famiglia Muoio, ci siamo imbattuti in numerose tesi che hanno per argomento le ricchezze artistico-culturali della città. Davanti alla riscoperta di questa preziosa raccolta di utilissime ricerche, perlopiù dimenticate, ci è parso fin da subito necessario dare il giusto rilievo a tali studi, e attraverso essi far conoscere l’immenso patrimonio custodito a Torre Annunziata. I giovani autori, contattati, hanno risposto con entusiasmo all’iniziativa, e quelli che per varie ragioni non hanno potuto dar seguito al nostro invito hanno espresso soddisfazione nel sapere che «nella città, nonostante le mille vicissitudini, ci sia ancora brio e amore per la cultura». È a loro, dunque, ai giovani che amano la cultura e il territorio che abbiamo voluto dare voce, ed è questa scelta che giustifica anche il titolo del convegno: i ‘Lumi’ sono le loro fresche intelligenze che si sono accesi in queste due giornate di studi; il sottotitolo vuole mettere in evidenza che quando le sedi del sapere, nel nostro caso le Università, interagiscono col contesto sociale, senza discorso di parte, producono risultati soddisfacenti. Gli argomenti affrontati nel corso del convegno, e ora riproposti in questa raccolta di atti, intesa altresì come utile strumento bibliografico di approfondimento per future ricerche, hanno spaziato dalla storia dell’arte a quella di alcuni beni architettonici, per i quali sono stati proposti eccellenti progetti di recupero volti ad amalgamare la storia cittadina passata e quella futura e prendere parte a un affascinante e insolito viaggio spazio-temporale. Durante la prima sessione sono stati presentati tesi e documenti inediti tanto innovativi da suggerire, anche agli esperti di storia locale, la necessità di riscrivere alcuni aspetti legati alle antiche tradizioni del luogo. Questo è quanto accade quando si conducono attività di ricerca storica in modo serio e razionale. Seguendo l’ordine degli interventi: Nicola Caroppo, dottorando di ricerca in Storia dell’arte presso il Dipartimento di Studi storico-artistici dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, ha aperto i lavori con una dissertazione sull’antichissimo culto micaelico nell’area del golfo stabiese, con particolare riferimento agli insediamenti monastici dell’isolotto di Rovigliano, proponendo ipotesi di studio sulle vicissitudini “catelliane” che ancora oggi riservano non pochi dubbi sull’effettiva presenza di san Catello nei territori dove è forte la devozione a lui dedita. È stata poi la volta di Antonella Dentamaro, storica dell’arte addottoratasi presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, che ha presentato una relazione sugli arredi liturgici scolpiti rinascimentali della parrocchia Ave Gratia Plena di Torre Annunziata, tra i quali il sarcofago marmoreo di Nicolò d’Alagno scolpito da Jacopo della Pila (docc. 1471-1502), oggi non più in loco. Per l’occasione la studiosa ha anticipato i primi risultati di un nuovo lavoro di ricerca, tuttora in corso, riguardante l’icona della Madonna della Neve. Questa prima sessione è stata chiusa da Mario Quaranta, storico dell’arte specializzatosi anch’egli presso l’Università “Federico II”; il suo magistrale intervento è stato dedicato a una delle ville costiere di Capo Oncino, Villa Filangieri – recentemente acquistata da un noto imprenditore locale –, ripercorrendone i cambi di destinazione: da fortino militare a lussuosa residenza alto-borghese, e infine a centro di utilità sociale. La seconda sessione è stata aperta da Adelina Pezzillo, laureata in Storia dell’arte presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”, che ha proposto una ricca relazione sulla Real Fabbrica d’Armi, e soprattutto sull’organizzazione della produzione e sull’amministrazione dell’opificio militare torrese nel periodo borbonico, considerato come l’epoca d’oro dello stabilimento. A seguire, si sono alternati tre neo-laureati in architettura con i loro rispettivi progetti e ipotesi di riqualificazione di alcuni monumenti, cui è legata l’immagine e la storia più recente della città di Torre. Raffaele Di Ruocco, laureato in Architettura all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, ha infatti presentato la sua tesi sperimentale sul glorioso Cineteatro “Metropolitan”, il cui stato di degrado è oggi continuamente dibattuto. Di Ruocco ha proposto una ricostruzione strutturale del monumento, con l’inserimento di importanti tecniche architettoniche e una revisione totale della struttura, auspicando che essa possa ritornare al suo antico splendore, in linea con le correnti artistiche moderne. Il percorso di conoscenza del territorio si è concluso con gli interventi degli architetti Giovanni Farina e Roberto Avino, entrambi laureati presso l’Università “Federico II”, che hanno illustrato un interessantissimo progetto di riqualificazione del famoso Lido Santa Lucia e delle aree circostanti. La presente raccolta non è da considerarsi come punto di arrivo di un atto compiuto, anzi, essa – e questa è una nostra prerogativa – deve essere intesa come l’incipit di un disegno progettuale ben più ampio che, ci auguriamo, possa trovare riscontro tangibile sul territorio per la valorizzazione e la salvaguardia delle risorse culturali, e, perché no, per la crescita della coscienza civile di ogni individuo.»


Vincenzo Marasco, Antonio Papa

51 episodi storico giornalistici su Torre Annunziata. Raccolta II (dal 1861 al 2017)

Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”, Nola 2017, pp.214 con illustrazioni in b./n., ISBN 9788899742317

Prefazione del dr. Massimo Corcione

Managing Director Sky Sport

«Scrivere per molti (beati noi) è un piacere, riesce a regalarti momenti di esaltazione anche quando ripeschi dettagli lontani ormai due secoli, ma può provocare anche le peggiori sofferenze quando racconti una storia di cui sei stato testimone diretto o anche solo mediato dalla onnipresente tv. La riflessione ha accompagnato tutta la lettura dell’atto secondo che Vincenzo Marasco e Antonio Papa hanno voluto dedicare nel proprio (meritorio) viaggio nella nostra memoria, quella fissata nei ricordi che tramandano gli archivi. Di solito sono immagini in bianco e nero cui la strana coppia (diversi ma complementari) riesce a restituire vita e colore; le tinte restano volutamente cupe e scure quando viene rivisitato il fatto che la scorsa estate ha invaso le nostre esistenze, distruggendo otto vite e minando le nostre certezze. Un velo nero che ancora ammanta ciò che rimane di quei giorni: dalla diffusione istantanea della notizia al silenzio innaturale durato fino alla celebrazione del funerale. Un contrasto insopportabile: da una parte il mare, il sole, la Costiera e Capri a chiudere la scena; dall’altra quella polvere che impediva ogni tentativo di tornare alla normalità. Il sapore acre aveva invaso la gola di chiunque fosse passato dalla Rampa Nunziante o anche solo avesse pensato a quante volte aveva sfilato davanti a quel palazzo diventato simbolo di una tragedia infinita. Vincenzo e Antonio sono stati (come tutti noi) trascinati di forza nella storia, hanno provato invano a capire, si sono scontrati con risposte che non sono ancora arrivate, hanno deciso di farsi portavoce di quella voglia di giustizia partita dalla gente, mai così partecipe, mai tanto unita nel nome di chi non c’è più.

Aspetteremo anni, forse, prima che una sentenza certificherà colpe e responsabilità, ma la virata di cuore che ha condizionato gli autori, influenzerà pure i lettori che nella rielaborazione dei ricordi non potranno mai trattare ciò che è avvenuto il 7 luglio 2017 come la rievocazione di un rodeo vesuviano che rendeva Torre Annunziata molto simile a Pamplona oggi. Il campionario delle curiosità proposte rimane straordinario: è esemplare la cura applicata al lavoro di scandaglio, la selezione è accuratissima, solo il meglio viene ripescato, rivalutato, attualizzato. Le mille emergenze vissute e legate spesso al Vesuvio; le prime occasioni spese (e non capitalizzate) da Oplonti; la vocazione industriale non proprio spontanea di Torre Annunziata: la gamma delle situazioni somiglia a una serie infinita di repliche, diffuse però su un arco temporale largo un secolo e mezzo; un po’ asseconda l’idea che una nefasta predestinazione pesi sulla città. Ma allontaniamo i sospetti tuffandoci nella festa che arriva con il libro, un’accoppiata che vale un esorcismo. Più o meno come la cronaca narrata dalla redazione dello “Cuorpo de Napole e lo Sebbeto” (anno 1860) utilizzando rigorosamente solo la lingua napoletana: oltre a rivelare clamorosamente la nostra ignoranza nell’uso del dialetto, rende ancor più anacronistica l’aspirazione autonomistica in un mondo globalizzato. Sacro e profano che s’intrecciano, com’è nella natura di noi torresi: da sempre a sinistra, tutti in processione dietro la Madonna della Neve. Una ragione in più per tenercelo stretto questo libro: è una dichiarazione spontanea d’amore, indirizzata a una città addolorata, la nostra.»


Vincenzo Marasco

Torre Annunziata – Oplontis. Repertorio Bibliografico

Ausilio per lo studio storico, civico e archeologico del territorio

Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”, Youcanprint Self-Publishing, Tricase 2018, pp.228 con illustrazioni a colori, ISBN 9788827849316

Presentazione del dr. Angelandrea Casala

Ispettore onorario MiBAC

«E’ con vero piacere che presento il lavoro “Torre Annunziata – Oplontis. Repertorio bibliografico”, curato da Vincenzo Marasco, valente e appassionato studioso di storia municipale e divulgatore delle vicende archeologiche, artistiche e storiche torresi. Egli da anni svolge accurate indagini, attraverso ricerche archivistiche e bibliografiche, sul territorio vesuviano, con particolare riguardo alla sua città natale, Torre Annunziata. Marasco ha già pubblicato vari lavori che si sono fatti apprezzare dai cultori di storia locale per serietà e scientificità. Ricordo qui solo quelli che ritengo di peculiare interesse e originalità. Nel 2011 ha edito il saggio “Torre Annunziata nella cartografia antica. Analisi toponomastica di Torre Annunziata sulla cartografia antica con riferimenti a Sylva Mala”; nel 2014 il fondamentale articolo “A Historical Account of Archaeological Discoveries in the Region of Torre Annunziata – La storia delle scoperte archeologiche nella zona di Torre Annunziata”, inserito nel volume curato dal prof. John R. Clarke “Oplontis: Villa A (“of Poppaea”) at Torre Annunziata, Italy (50 B.C. – A.D. 79)”; nel 2015 con V. Amorosi, A. Casale e P. Marciano “Archivio storico della Parrocchia Ave Gratia Plena. Basilica pontificia di Maria SS. della Neve in Torre Annunziata – Inventario”; tra il 2015 e il 2017 con A. Papa i volumi “51 episodi storico-giornalistici su Torre Annunziata”, Raccolta I e Raccolta II; infine nel 2017 con L. Muoio ha curato gli Atti “I Lumi della Torre. Il ruolo dell’Università nella scoperta e nella valorizzazione storica, culturale e artistica del territorio di Torre Annunziata.

Il saggio che oggi l’Autore ci propone è rivolto alla scoperta di un patrimonio poco noto: gli articoli e i libri editi su Torre Annunziata e sugli scavi archeologici dell’antica Oplontis dal Seicento ad oggi. Egli elenca e descrive ben 635 lavori storici su Torre Annunziata e 420 lavori sugli scavi di Oplontis, per un totale di 1055 titoli, non tralasciando di elencare anche i lavori in corso d’opera. Il libro di Marasco si sviluppa in vari capitoli. Il primo è dedicato all’indice bibliografico per Torre Annunziata, il secondo all’indice bibliografico per Oplontis. Seguono gli indici tematici e gli indici per autori che hanno scritto di Torre Annunziata e di Oplontis. Completa il saggio l’elenco degli enti e fondi librari consultati e quello delle riviste e periodici consultati. Mancava un lavoro di tal genere per Torre Annunziata e dobbiamo essere grati all’Autore per aver pubblicato, dopo certosine ricerche in biblioteche e archivi, un repertorio bibliografico di qualità e spessore.»


Lucia Muoio

I Figli delle Muse

Arturo Vitale, barone di Pontagio …e gli Altri

Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”, Vulcanica Print, Nola 2019, pp. 256 con illustrazioni a colori, ISBN 9788899742447

Prefazione di Vincenzo Marasco

Presidente del Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”

«Un giorno, un caro amico di ricerche di ‘storie patrie’, Antonio Papa, mi chiama e, discutendo sulle nostre ultime indagini condotte in ambito storico-giornalistico locale, maturiamo l’idea di realizzare un testo che raccogliesse e analizzasse un certo numero di episodi, che, dalla seconda metà dell’800, avessero riguardato Torre Annunziata. Tra i tanti servizi giornalistici selezionati, ci attenziona un particolare articolo pubblicato il 21 maggio 1918 sia dal quotidiano La Stampa che dal Corriere della Sera, in cui si riferisce di un tragico fatto di cronaca, verificatosi nella Galleria Umberto I di Napoli, durante il quale era stato assassinato un certo Guido Amedeo Vitale, personaggio nato a Torre Annunziata alla fine del 1872, intervenuto, secondo il cronista, per sedare una rissa.

È incredibile quanto lontano poi ci abbiano condotto quest’uomo e il mondo, per noi fin qui sconosciuto, che si è spalancato davanti ai nostri fogli intonsi: questo perché Guido Amedeo, da questo primo lavoro, poi consapevolmente da noi reputato piuttosto sommario visto lo spessore del personaggio, si è rivelato, grazie anche al successivo intervento d’indagine documentaria svolta da Lucia Muoio, la testa d’ariete che ha offerto l’opportunità per spalancare una porta attraverso la quale accedere a una realtà famigliare senza eguali in epoca moderna. Senza ombra di dubbio, facendo ricorso al lessico dell’astrofisica, Lucia Muoio, col suo acume di attenta studiosa e di donna colma di sapienza classica, è riuscita a illuminare un universo di Astri, tutti partoriti dalla stessa stella, Maria Concetta degli Ardizzone, che, orbitando insieme, generano eventi e situazioni sentimentali tanto particolari e notevoli, da poter essere reputati prossimi ai grandi che hanno fatto la storia o scritto la letteratura italiana. Così Lucia affronta il suo personale viaggio tra i ‘Vitali’. Il risultato raggiunto dalla sua intraprendente analisi è intimo, ma più di ogni altra cosa è incredibilmente vivo, e regala continue emozioni che vanno diritto al cuore, facendo rivivere e dando forma nelle pagine del suo testo e nella mente del lettore a I Figli delle Muse, come lei ha amato definire i ‘Vitali’ di Pontagio. Questo perché l’autrice, come farebbe un illusionista, che, per movimentare la scena, estrae dal suo cilindro ciò che l’occhio umano prima non poteva vedere, dipinge con le sue parole i personaggi-attori di questa straordinaria famiglia, rimasti incredibilmente celati per oltre un secolo, e, grazie alle numerose virtù, le loro anime ritornano in vita, intrise di sentimenti poetici e patriottici, e si aggirano tra le pagine per rinnovare le gesta di un’esistenza vissuta intensamente. Tuttavia le storie che Lucia delinea indagando su I Figli delle Muse, anche se per il loro contenuto ricco di visioni, oggi reputabili anacronistiche, non dimostrano assolutamente di appartenere esclusivamente al loro tempo, in quanto ci ripropongono ancora una volta questioni, dubbi e interrogativi di grande attualità. Allora, man mano che si ripercorrono le vestigia lasciate da Lucia nel raccontare i ‘Vitali’, come si può non interrogarsi sugli aspetti sociali e politici che per due secoli hanno caratterizzato la storia di Torre Annunziata, città da cui è partita ogni iniziativa che ha coinvolto questa famiglia in epoca unitaria? A questo che forse è solo uno dei tanti quesiti che possono essere formulati durante la lettura del testo, Lucia risponde con dovizia di particolari, senza tralasciare nulla e senza altre ipotesi che generino ulteriori dubbi. Ma a domare l’indole di chi è incline alla ricerca della veridicità storica, come lo stacco che avviene nel passaggio tra un atto teatrale all’altro, si intercalano le parentesi gentili dell’intimità dei ‘Vitali’ che donano al testo una fluidità meravigliosa, emozionale, cancellando la freddezza caratteristica degli avvenimenti lontani nel tempo. È superfluo affermare che l’artefice della perfezione dell’amalgama che ha unito la vena poetica con le molteplici sfaccettature storico-politiche che hanno caratterizzato i ‘Vitali’ di Pontagio sia stata l’autrice di questo saggio cui va tutta la mia ammirazione, e sono certo che seguirà anche quella di chi, leggendo il testo, si ritroverà a salire sul Parnaso per incontrare e interrogare I Figli delle Muse


Luigi Ausiello

Santa Teresa d’Avila in Torre Annunziata. Cappella e ospedale dei Piccolomini d’Aragona

Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”, Youcanprint Self-Publishing, Tricase 2019, pp.96 con illustrazioni a colori

Presentazione del dr. Angelandrea Casale

Ispettore onorario MiBAC

«Dopo sei anni dalla sua pubblicazione Parrocchia di S. Teresa di Gesù in Torre Annunziata, Luigi Ausiello ci dona un nuovo saggio sulla chiesa e convento di Santa Teresa d’Avila. Ausiello, diacono permanente dell’Arcidiocesi di Napoli e nel contempo appassionato cultore di studi storici sulla sua città natia, ha esplorato con attenzione e competenza i polverosi documenti conservati nell’Archivio di Stato di Napoli, nell’Archivio storico dell’Ave Gratia Plena e nell’Archivio storico comunale di Torre Annunziata. La ricerca di notizie sulla chiesa e sui padri Carmelitani, Olivetani e Alcantarini è proseguita a Napoli presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III e la Biblioteca francescana della basilica di Santa Chiara, a Roma presso l’archivio della Casa Generalizia dei Carmelitani Scalzi e a Monte Oliveto Maggiore per quanto attiene gli Olivetani. Questo saggio, quindi, é da considerarsi come la prima vera ricerca storico-archivistica su un monumento di Torre Annunziata, qual é la cappella e ospedale di S. Maria di Costantinopoli poi denominata Santa Teresa d’Avila, fondata dal principe d. Alfonso Piccolomini d’Aragona, alcuni anni dopo la catastrofica eruzione vesuviana del 1631. Sono particolarmente lieto e onorato di presentare questa piccola ma preziosa pubblicazione che tende a fare luce sulla storia e le vicissitudini della chiesa e convento di Santa Teresa, di fondazione piccolominea. Anche perché il caso ha voluto che un mio diretto antenato, Domenico Marco Casale, sia stato Procuratore legale del Principe di Valle d. Giuseppe Piccolomini d’Aragona (1656 ca. – 1733), figlio di d. Alfonso, fondatore del sacro tempio. Egli era preposto, insieme ad altri giureconsulti, alla cura e tutela del vasto patrimonio immobiliare e finanziario di Casa Piccolomini. Chissà se il Casale tra i suoi compiti abbia avuto anche quello di curare i contatti con gli Olivetani del conventino torrese. La ricerca dell’autore, tra l’altro, approfondisce le vicende poco note del ramo Piccolomini, stabilitosi nel Regno di Napoli prima come Duchi di Amalfi e poi come Principi di Valle e Baroni di Scafati, nonché gli effetti positivi sullo sviluppo socio economico del quartiere Terra Vecchia di Bosco, oggi Torre Annunziata. Ringrazio quindi Luigi Ausiello e gli auguro il successo che il saggio merita, auspicando che continui le sue fruttuose ricerche storico-archivistiche su altri edifici religiosi della città.»


Vincenzo Marasco, Lucia Muoio, Antonio Papa

Vita, opere e azioni di 22 Figli illustri di Torre Annunziata

Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”, Youcanprint Self-Publishing, Tricase 2019, pp.116 con illustrazioni a colori, ISBN 9788831600194

Presentazione dell’arch. Antonio Irlando

Socio fondatore della sezione di Torre Annunziata “Archeoclub d’Italia”

Responsabile dell’ “Osservatorio Patrimonio Culturale”

«Patrimonio umano e patrimonio culturale coincidono. Vanno riconosciuti come parti complanari della comunità cittadina che si articola nelle storie di donne e uomini. In questo gustoso libro il patrimonio umano e il patrimonio culturale certamente coincidono. E’ evidente che la loro sapiente e rigenerante miscela ha ispirato l’opera di Vincenzo Marasco, Lucia Muoio, Antonio Papa. A loro dico subito grazie! Sono attenti studiosi perché curiosi, instancabili storici perché stoici. Difendono la storia e l’identità cittadina perché amano il luogo di nascita. Sono sostenuti dalla convinzione che i due elementi rappresentano, al tempo stesso, sia gli strumenti per sottrarre Torre Annunziata dal degrado incalzante, che gli ingredienti per ricostruire e dare un futuro alla comunità cittadina che oggi sembra vivere uno dei momenti meno felici della sua storia. Questa volta lo hanno fatto servendosi dell’ottima compagnia di 22 illustri personaggi (tanto per cominciare con un numero che identifica la festa religiosa più importante della città) che non sono più tra i “residenti” in città, ma ancora “vivi” e utili al territorio e alla comunità torrese, grazie alla loro “resurrezione” generata dal provvidenziale lavoro di Lucia, Antonio e Vincenzo che avete tra le mani. Questo non è un libro per chi vuol rimanere vecchio dentro. Non è un libro per chi pensa che solo un tempo si stava meglio. Non è un libro per chi ritiene di vivere nel più bel posto del mondo ma non muove un dito per dire basta a devastazioni e spreco di bellezza. Non è un libro per chi si gira dall’altra parte, fa finta di niente e pensa che “è tutto inutile”, perché “andrà sempre peggio”. Però è un libro per tutti. E’ un libro utile ad ogni cittadino. Vedrete, che ogni biografia vi riempirà il cuore e metterà le ali al vostro ottimismo. Ogni storia è una vita straordinaria condita di lavoro, creatività, lotte, sogni, progetti realizzati e donati alla città. Con queste pagine gli autori ringraziano 22 volte i 22 cittadini che hanno scritto un pezzo significativo della lunga e gloriosa storia della città. Aiutano a mettere ordine nelle ricchezze che hanno prodotto per la città, facendoci conoscere il patrimonio umano e culturale che non è andato via con loro ma è rimasto nella gratuita disponibilità di chi vuole riconoscerlo come strumento per rigenerare il presente e costruire il futuro di Torre Annunziata. Gli autori hanno valorizzato un elemento prezioso riconoscibile in tutte le biografie proposte: Vivere la propria vita e spenderla utilmente per il bene comune, alimenta il più ricco patrimonio di ciascuno. E’ sbagliato ritenere questo libro un negativo strumento che alimenta la nostalgia del passato. Questo libro ha una straordinaria forza rigeneratrice e innovatrice. Aiuta a non smarrire il valore di continua novità che ha la memoria collettiva che genera tanta nostalgia, ma di buon futuro per Torre Annunziata.»


AA.VV.

Torre Annunziata: 19 settembre 1319 – 19 settembre 2019. Sette secoli dalla fondazione del culto dell’Annunziata e dalla nascita della Turris Annunciatae

Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”, Vulcanica Print, Nola 2019, pp. 32 con illustrazioni a colori, ISBN 9788899742416, stampato in 250 copie non venali.

Indice dei contributi:

Angelandrea Casale, Introduzione al 700° Anniversario della fondazione della Cappella dell’Annunziata, pp. 7-10;

Luigi Ausiello, Vincenzo Marasco, Panoramica storico-politica del territorio dalle origini al 19 settembre 1319, pp. 11-16;

Vincenzo Amorosi, L’araldica dei quattro fidelium regiorum, pp. 17-18;

Lucia Muoio, La cappella della Vergine Annunciata e la città di Torre Annunziata nel settimo centenario, pp. 19-22;

Anna Vitiello, Marianeve Vitello, Mariarosaria Izzo, a cura di, Rappresentazione storica in atto unico della concessione dei 4 moggia di territorio ai 4 fedelissimi del re, pp. 23-26;

Nello Collaro, Cenni sull’iconografia dell’Annunciazione nella storia dell’Arte, pp. 27-30.

Introduzione di Mons. Raffaele Russo

Parroco rettore della Parrocchia di A.G.P., Basilica pontificia di Maria SS. della Neve in Torre Annunziata

«Vi sono dei momenti della storia che segnano una svolta, che tracciano un disegno profetico di un futuro grande che verrà. E la svolta storica, culturale, religiosa del popolo torrese è racchiusa in questa storica data: Aversa 19 settembre 1319 –Torre Annunziata 19 settembre 2019 – 700 anni dalla nascita del fulcro della Turris Annuntiatæ de Schifato.

Questa rievocazione deve esserci per condividere e per conoscere la storia dell’impegno di quattro nobili uomini – Guglielmo da Nocera, Matteo de Avitabulo, Puccio Francone da Napoli e Andrea Petrucci di Scafati – che per divina ispirazione e senza mora alcuna desiderarono costruire, per lode della Beata Vergine, una cappella da chiamarsi: Chiesa della Vergine Annunziata, in questa borgata – presso la via pubblica, per la quale si andava a Scafati ed al paese del mare di Stabia. A loro, furono concesse quattro moggia della predetta terra nell’anno del Signore 1319 addì 19settembre in Aversa – tramite il Ministro di Stato e Protonotaro del Regno di Sicilia– don Bartolomeo di Capua – vicario del re Roberto d’Angiò. Di questi quattro notabili, strumenti di carità operativa nelle mani del Signore, l’impegno è diventato storia, ancora oggi vivo dopo 700 anni qui nel borgo o quartiere dell’Annunziata; impegno inciso dalla volontà di omaggiare la Vergine Marianella vita quotidiana, nel cammino quotidiano dell’uomo errante, allora come oggi, lungo la strada che da Napoli portava – ai piccoli centri storici di Scafati e Stabia, attraversando il borgo marinaro di Torre Annunziata. Il loro impegno è sempre, e ancora di più oggi, monito per noi di trasmettere l’a-more di Dio e di Maria che ci precede sempre lungo le vie del nostro vivere quotidiano; questa deve essere per noi la loro eredità, è sì una eredità terriera e muraria, ma fatta anche di Rivelazione e Fede. Perciò in questo luogo dell’Annunziata noi uomini del III millennio dobbiamo essere custodi e testimoni, non solo della fede storica dei quattro nobili protagonisti, ma custodi fedeli della parola di Dio, nel servizio, nella disponibilità gratuita, affinché il patrimonio storico divenga dinamico, degna custodia dell’eredità trasmessa, dello spirito delle origini, per innalzare e diffondere, senza mora, le lodi alla Beata Vergine. Da un piccolo borgo marinaro, e dalle sue radici cristiane nasce questa città, con la devozione antica a Maria, confermata dalle notizie storiche, dall’edificazione di una piccola cappella, fino alla costruzione di questa Basilica, intitolata alla Madonna dell’Annunziata con devozione anche verso la Madonna della Neve dopo il ritrova-mento dello storico quadro da parte dei pescatori nel mare, in un anno a noi non noto del XV secolo. Sull’esempio di questi nobili uomini sono cresciute nei secoli tanta fede e tante espressioni di pietà popolare verso Maria. Ma, per essere degni eredi, dobbiamo an-che noi impegnarci a costruire, a realizzare intorno a Maria Santissima una comunità orante, onesta, giusta, una comunità di amore e di pace, non di odi e violenze di ogni genere. E oggi noi, dopo 700 anni, ricordiamo questo impegno, esortazione accorata, che ci invita a diffondere con la vita e con le opere il lievito del Vangelo di Cristo. La cappella, costruita 700 anni fa, è diventata un’opera indivisibile, inseparabile, profondamente congiunta alla storia della nostra città, da cui ha preso anche il nome: Torre Annunziata. Conserviamo questa memoria di fede, di devozione a Maria, di servizio, per uscire dai nostri egoismi e poter plasmare un volto nuovo della città, una coscienza nuova degli uomini secondo il disegno dell’amore di Dio.»

Saluto di Vincenzo Ascione

sindaco di Torre Annunziata

«Fare un percorso a ritroso nel tempo, riscoprire le proprie origini, descrivere luoghi di secoli fa, raccontare fatti vissuti dai nostri antenati è un’iniziativa interessante e lodevole. Lo studio delle nostre origini ha soprattutto una grande valenza sociale: ci insegna la nostra cultura, ci porta a conoscenza delle nostre radici, ci avvicina a un mondo lontano, ma in qualche modo familiare, con il quale condividiamo l’eredità. Al Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”, all’Associazione “Don Pietro Ottena” –Progetto Cripta” e alla Parrocchia di A.G.P. di Torre Annunziata, va il mio plauso per questo pregevole lavoro di ricerca, in cui vengono raccolti atti prodotti nel corso di secoli. Studiare la storia di un popolo è importante, perché ci aiuta a comprender-ne il passato, e serve come monito per il presente. La storia è “magistra”, maestra, cioè insegna, solevano ripetere i Romani. E questo messaggio lo dobbiamo tramandare alle future generazioni, anche attraverso la testimonianza di questo opuscolo.»


Vincenzo Marasco, Mario Quaranta

Il Tempietto d’argento di Maria SS. della Neve nella parrocchia di A.G.P. in Torre Annunziata.

Vicende storiche e artistiche per un’opera d’arte napoletana postuma all’eruzione vesuviana dell’aprile 1906 di Vittorio Emmanuele Centonze, Antonio Coppola e Pasquale Cappelli

Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”, Vulcanicaprint, Nola 2021, pp.96 con illustrazioni a colori, volume in 8° formato 29×21, ISBN 9788899742638.

Presentazione di Renato Ruotolo

«Per tutti quelli che gli vivevano intorno o nei casolari che si arrampicavano lungo i versanti, il Vesuvio era “’a Muntagna”. Così Bovio e De Curtis lo ricordarono nel 1915 in una delle loro più belle canzoni, “Tu ca nun chiagne”, aperta dal verso “Quant’è bella ‘a Muntagna stanotte”, dove il dolore per l’amore lontano e perduto si consuma in un paesaggio dominato dalla Montagna, viva ma impassibile, bella come non mai, quasi un’anima rassegnata e stanca, “sott’ ‘a cuperta/’e chesta luna janca”. Un’immagine poetica che può intendere appieno solo chi nei campi di lava ha veduto la luna piena levarsi e quasi  poggiarsi sul crinale, illuminando forte l’asperità della roccia scabrosa e gli alberi che vi si alternano nei fazzoletti di terra strappati al deserto nero. Un’immagine fin troppo poetica che ben pochi ‘vesuviani’ degli ultimi tre secoli possono aver degustata, piuttosto presi dalla dura, quotidiana fatica di lavorare la terra e di contenderla al vulcano, spingendosi lungo le sue falde a ricreare i campi bruciati e ricostruire case sopra le lave. Sempre con la preoccupazione che quel lento fumare non si potesse trasformare all’improvviso in un cupo vomito di ceneri e lapilli e che i fianchi non si squarciassero sotto la spinta del magma giunto talora fino al mare. Preoccupazioni che non ebbero gli antichi pompeiani o gli uomini del 1631 che perciò pagarono fin troppo caro il loro vivere all’ombra di un monte ferace, apparentemente pacifico ma in realtà sempre pronto a devastare con il rigurgito delle proprie viscere.
Tra il Sette e il Novecento furono i pittori ad erigere il Vesuvio ad icona del paesaggio del golfo, a riprodurne le caratteristiche delle tante eruzioni che si susseguivano, a diffonderne nel mondo l’immagine, e furono scienziati e turisti a farne l’imprescindibile luogo da visitare nel corso dei loro grands tours. Ed anche quando la gente fuggiva in preda al panico, viaggiatori e curiosi si arrampicavano lungo i versanti sussultanti per vedere da presso le colate ardenti, talvolta rimettendoci la vita, alla ricerca delle sensazioni forti, ed uniche, che la terribilità pittoresca di quella natura poteva suscitare. Erano loro fra i maggiori clienti dei tanti pittori che diffondevano su tela o su carta (gouaches e acquerelli) le immagini da riportare in patria e destinate ad alimentare il ricordo dell’esperienza napoletana. Tono e finalità diverse ebbe invece la produzione artistica richiesta dagli abitanti dei luoghi vesuviani, dagli scampati alle furie del vulcano che, attribuendo la propria salvezza e quella delle loro case all’intervento di Dio e dei Santi, intesero ringraziarli con quadretti ex voto, dediche di cappelle ed altari, edicole, iscrizioni, che ci trasmettono ancora i segni di un’intensa devozione e l’atmosfera del momento, un misto di terrore, angoscia e speranza nell’aiuto soprannaturale. Questi sentimenti, in alcuni casi, si coagularono in opere di alto livello che superano l’iniziale movente devozionale, proponendosi anche come rappresentative di un determinato momento artistico e culturale. Ad una di queste, il Tempietto argenteo della Madonna della Neve, posto nella parrocchia dell’A.G.P. a Torre Annunziata, è dedicato questo libro che ne descrive non solo l’iter esecutivo ma tutto ciò che lo precedette, dai rovinosi fatti del 1906 alla manifestazione della volontà dei torresi di dedicare alla loro Patrona un’opera unica, tale da ricordarne in modo imperituro l’intervento miracoloso che li aveva sottratti al fiume di fuoco. Questo Tempietto rappresenta una sintesi della cultura artistica del momento, di un’arte che rielabora in unità tradizione e modernità, che affianca raffigurazione colta e sentimento popolare: le scene con i fatti dell’eruzione del 1906 dovevano riportare alla memoria viva dei fedeli gli eventi vissuti in prima persona, ricalcando le descrizioni delle cronache e le immagini fotografiche, ricordandoci come la presenza dei giornalisti e dei fotografi, già registrata nel secondo Ottocento, fosse divenuta ormai preponderante nella diffusione a tutti i livelli ed in tutti i paesi degli avvenimenti funesti che si verificavano nell’area vesuviana. Ma per i protagonisti dei fatti le vicende narrate nelle maioliche, quasi in sequenza cinematografica, rappresentavano ben più di una narrazione, come poteva essere per chi guardava da lontano o anche per noi: la loro visione riaccendeva infatti sentimenti vissuti e angosce provate dal vivo, rafforzando in tal modo la gratitudine verso la divinità per il suo intervento salvifico.
Dopo oltre un secolo dagli avvenimenti l’intensa carica spirituale si è attenuata e l’interesse artistico del manufatto acquista maggior evidenza. E questo libro lo mette in mostra con dovizia di immagini e, soprattutto, con alcune acute osservazioni e deduzioni che ci introducono in un momento dell’arte napoletana che conobbe, fra Ottocento e primo Novecento, un rigoglio che gli studi degli ultimi anni vengono sempre più rivelando. E che vide fra i suoi protagonisti un architetto come Antonio Curri, autore del Caffè Gambrinus, ma anche di tante opere meno note al grande pubblico, al quale Mario Quaranta pensa di attribuire il progetto del Tempietto sulla base della testimonianza del Giannelli, persona di solito ben informata.
La qualità dell’opera gli potrebbe dar ragione ed è probabile che Curri possa aver fornito almeno un disegno iniziale all’atto del concorso e che di esso si possa esser tenuto conto in seguito per quello definitivo, come ipotizza con abbondanza di confronti lo stesso Quaranta. Alla sua lettura, attenta e condivisibile, si rimanda anche per l’opera dell’autore materiale delle parti metalliche del Tempietto, anch’egli, come Curri, fra i protagonisti dell’arte napoletana al passaggio fra XIX e XX secolo, cioè l’orafo Vittorio Emanuele Centonze, ben noto come creatore e realizzatore di gioielli ed oggetti preziosi di intensa suggestione, immersi in quell’atmosfera che chiamiamo Liberty e che lo resero famoso anche all’estero.
Ora lo ritroviamo pure esecutore delle parti metalliche del Tempietto dove traspare la sua grande perizia tecnica e creativa. I suoi angeli in argento, di raffinata fattura ed ideazione, hanno qualcosa dell’eterea sensualità delle sue opere profane e si inscrivono a buon diritto fra le sue più interessanti creazioni.»


Vincenzo Marasco, Lucia Muoio, Antonio Papa

Vita, opere e azioni di 22 Figli illustri di Torre Annunziata. Raccolta II

Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”, Youcanprint Self-Publishing, Tricase 2022, pp.182 con illustrazioni a colori, ISBN 9791221407556

Presentazione della prof.ssa Gioconda Galluccio

«E’ attività nobile, quella dello Storico. Egli, infatti, adoperandosi a richiamare alla coscienza passate esperienze, fa sì che mai s’interrompa lo scorrere del filo logico di ciò che accade, proteggendo così l’umana creatura dal pericolo di disperdersi nel mare infinito dell’oblio.

Leopardi pare che addirittura suggerisca a “rimembrar le cose del passato nel tempo giovanil, quando ancor breve ha la memoria il corso”.  Prezioso è, quindi, il fine dell’omaggio reso alla nostra Città con la “Seconda Raccolta dei Figli Illustri di Torre Annunziata”, egregiamente scritta e redatta dai prestigiosi ricercatori storici, Vincenzo Marasco, Lucia Muoio, Antonio Papa, gruppo scelto del Centro Studi “Nicolò d’Alagno”.

Essi, infatti, oltre al rigore scientifico della ricerca e alla fedele ricomposizione biografica di stili di vita, eventi e fatti, per nulla episodici, ma rigorosamente documentati, hanno diffuso fra le pagine, in stretto rapporto sintattico, una tale passione di conoscere e approfondire la storia di un encomiabile vissuto trascorso ma non cancellato, da far ritornare in mente un implorante verso di una canzone di Pino Daniele “Vorrei essere nel tuo Passato”, che tanto si addice all’ansia nostalgica che ispira tale importante Lavoro.

Il desiderio d’immergersi con tutta l’anima in atmosfere lontane nel tempo per poter ritrovarne il sapore della vita e l’eco delle voci, che hanno animato questa nostra amata terra, crea una miracolosa convergenza empatica tra chi narra e chi legge da dare la sensazione di scorrere brani di uno stesso sorprendente e affascinante romanzo.

In una realtà rarefatta, quasi da sogno, i personaggi proposti, sfilano davanti agli occhi del lettore, ora con la disinvolta baldanza giovanile di chi ha idee chiare ed energie intatte per la sfida vincente al proprio futuro ed ora col volto pensoso di chi riflette su tutto quanto intorno si muove. Si compongono gruppi e comitive e insieme si ragiona salendo e scendendo, con allegria o con saggia concentrazione lungo il Corso considerato il continuum del salotto letterario che allora ancora esisteva. La passeggiata di rito confermava la categorica appartenenza a luoghi amati e vissuti come fossero casa propria. A voce chiara e sonora si sostenevano dibattiti che aprivano alla modernità e che ben si addicevano, ad esempio, al pensiero libero di Aldo Agrillo che dalle infantili marce in onore del re, giungeva al giornalismo e quindi alla lettura del telegiornale di Antenna Vesuvio attraverso cui dipingeva con arguzia l’animata vita di Torre annunziata.

Il racconto non concede soste. Con pennellate di genio, il Gruppo di Studio, consapevole di un lavoro che necessita di coinvolgente entusiasmo, si sofferma su personaggi che meritano giustamente di passare alla Storia, anche oltre confine e dato che dietro ogni vita, c’è una scenografia, anzi uno sfondo integratore che è già sogno e che può essere un campo di calcio, una chiesa, il mare con una barca con le vele al vento come quelle del pittore Ciro Arcella che sa di dover andar via, ma in cuore porta con sé uno spizzico delle azzurre acque dell’Oncino, va da sé che la scelta in cui sperimentar la vita è un unicum con le atmosfere del territorio che dolcemente ispira.

Nulla di convenzionale, quindi, e nulla che sappia di formale biografia dato che non per sentimentalismo gratuito, gli Autori, si sono fatti, carico di un lavoro così ponderoso, ma per poter sottolineare di quanto importante e nobile sia stata la Storia di Torre Annunziata, se ha potuto fregiarsi di tanti Figli Illustri e noti anche oltre i suoi confini.

Il tempo storico trattato dagli Autori è quello dell’incipiente Boom Economico, quello di una borghesia che andava sfrondandosi dal peso dei sovrabbondanti orpelli già segnalati nel Romanzo, “La Provincia Addormentata” di Michele Prisco, riconoscendosi, quindi, il diritto di vivere e di aprirsi alla libertà della parola e dell’agire. Legati da affettuosa amicizia, lo scrittore e don Antonio Pagano, aspirante sacerdote che sarà vescovo, poi, s’incontrano ed è bello immaginarli mentre insieme scrutano le anime di quella gioventù in cammino verso il progresso, sul basolato antico di questa città dalla estenuante bellezza, l’uno per descriverne i dubbiosi intrecci e l’altro per sublimarne le esuberanti sfide, come con accurata sensibilità narrano i nostri Autori.

In tutti i campi del viver civile pareva esserci una gara nell’autodeterminarsi secondo le proprie attitudini e vocazioni. La politica spesso faceva da stimolo alle accese campagne elettorali.

Molti dei sindaci di allora erano giovani e proiettati in avanti, seppure di opinioni politiche diversificate. Si muovevano fra la gente con simpatica affabilità e molti di essi, in una visione di crescita del tessuto urbano, si prodigavano per migliorarne l’assetto. Si ebbero nuovi Edifici Scolastici. Il manto stradale fu asfaltato a favore di un più agevole traffico. Il popolo partecipava con acceso fervore e molti nomi di politici famosi andavano ad arricchire le liste dei Figli illustri.

La Città acquistava un aspetto da metropoli raffinata specie per l’apertura di eleganti negozi in zona nord e sulla panoramica via Gino Alfani.  Il Prof Carlo Malandrino si adoperava con famose pubblicazioni ad esaltare le potenzialità del nostro territorio includendovi gli Scavi di Oplonti forse immaginandone e sperandone il richiamo ad un turismo come occasione di sviluppo e benessere, oltre che di cultura.

A tali finalità fortunatamente ancora oggi s’impegnano Vincenzo Marasco, Lucia Muoio, Antonio Papa e molti dei componenti del Centro Studi Nicolò d’Alagno. Se la passione intanto coinvolge i nostri Autori, tutta intera essi la trasmettono, quando, narrando l’affascinante storia di Ercole Castaldo, ne mostrano con orgoglio le foto della Squadra, La Torrese, sul Campo Formisano e quella al San Siro di Milano, mentre il noto calciatore compie, con la maglia dell’Alessandria, il suo artistico e funambolico dribbling. Medico sportivo, era, allora, il dott. Antonio Ciniglio, figlio del proprietario del grande Molino di Via Gioacchino Murat di cui si conserva ancora qualche colonna con relativo capitello.

Si ritorna a sognare scorrendo queste pagine così nitide, così vere dove nulla è artefatto e dove si scopre che la vita un poco sì, bisogna inventarsela, ma soprattutto occorre sudarsela, nella realtà, con sincerità d’impegno per sé stessi e per la comunità intera perché l’ingiustizia non crei sacche di abbandono.

Vincenzo Marasco, Lucia Muoio ed Antonio Papa ci immergono anche nell’appassionante mondo della lotta politica, quella delle dispute tra padroni e proletari sostenute da accesi sindacalisti come Eduardo Ferrone e Ferdinando Pagano soprannominato Paganiello le cui storie infiammano l’anima ancor oggi. Coraggiosi, scelgono quel ramo politico che più si richiama al rispetto dei diritti umani. Da operai, studiando, conseguono la laurea perché si riconosca a pieno titolo la validità delle ragioni che essi sostengono.

Nelle lotte della Storia sindacale di Torre Annunziata, lascia la sua autorevole e significativa firma Ada Salvagnini che, partigiana in trasferta, riorganizza la Camera del Lavoro, partecipa agli scioperi contro il taglio degli operai e anche contro l’espansione industriale al Sud che si rivelerà dannosa per la devastazione di un territorio violato e mai più risarcito con dovuto risanamento.

Sono tante le vicende di impegno umano, culturale, artistico, sociale e politico che i nostri Autori, raccontando di tante donne e uomini che hanno operato qui, sul nostro territorio e parlandone con commozione e ammirazione, prendono il cuore di chi legge tale è il desiderio di entrare nell’universo incantato dei ricordi.

Sono da considerare manna celeste i nostri esperti e competenti Autori che, tra tanto pessimismo e disfattismo, hanno voluto donarci la “Seconda Raccolta dei Figli Illustri di Torre Annunziata”, che si rivela occasione di amore verso questa nostra terra generosa e bella di cui l’ottimo Gruppo del Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno” vuole se ne preservi il grande patrimonio di dignità e fierezza spesso faticosamente guadagnato.

E’ vero, merita molta attenzione e grande interesse, questo nobile Lavoro che ancora una volta rende onore a questa nostra Città, unica nella geografia del Golfo per quel suo magico sfondo di cielo, di mare, di salti a gradoni e terrazza creati da “Sua Maestà il Vesuvio” (Freud) e del Lido Azzurro che nelle notti d’estate, diffondeva le note dolcissime di “Anema e core” e, sotto le stelle, le giovani coppie si guardavano incantate sognando un futuro di amore e di giorni felici!»


Vincenzo Marasco, Antonio Papa, Salvatore Cardone

Voiello. Una famiglia di Torre Annunziata pioniera ed eccellenza dell’arte bianca italiana

Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”, Vulcanicaprint SRL , Nola 2023, pp. 268 con illustrazioni a colori, ISBN 9788899742768

Presentazione di Giancarlo Gonizzi e Roberto Pagliari – Archivio Storico Barilla

Una storia inattesa

È il 28 febbraio 2014 quando giunge all’Archivio Storico Barilla una richiesta davvero inusuale. Antonio Papa, residente a Milano, ma originario di Torre Annunziata (NA) –  cittadina che aveva visto la nascita e lo sviluppo del Pastificio Voiello a partire dal 1879 – appassionato di storia, aveva svolto alcune ricerche preliminari sulle origini della famiglia Voiello.

L’azienda, acquisita nel 1973 dal gruppo Barilla, vantava una storia antica, ma la narrazione dominante favoleggiava di un August Van Vittel, ingegnere di origini svizzere, giunto in Italia per la costruzione della ferrovia Napoli Portici, innamoratosi dell’Italia e di una italiana e iniziatore della dinastia dei Voiello. La stampa, la televisione e il WEB ripetevano, uniformi, una storia che però nessuno aveva investigato fino in fondo.

Eppure una semplice ricerca genealogica a ritroso nel tempo aveva portato Papa a scoprire che Giovanni Voiello (titolare del pastificio) era figlio di Teodoro e Rosa Carotenuto; che Teodoro era figlio di Andrea e Maddalena Ramirez e che Andrea era figlio di Teodoro e Rachele Liucci, convolati a nozze nel 1822, senza un cenno al “nonno svizzero” da tutti evocato nel 1839. I documenti allegati erano eloquenti e la discordanza con le memorie note, evidente.

“Vi sarei immensamente grato – concludeva il messaggio di Antonio Papa – se poteste aiutarmi a risolvere questo che, per me, è diventato un autentico enigma”.

Iniziava così una lunga ricerca, punteggiata di visite, di contatti via mail e di scambio di documenti, tra l’Archivio Storico Barilla e Antonio Papa, Vincenzo Marasco e Salvatore Cardone, uniti dalla passione per la storia e autori di questa ricerca, che ha finito per coinvolgere numerose altre persone e istituzioni culturali. Ciò che ha guidato i nostri in questa avventura è stato l’amore per la loro terra di origine, nota in tutto il mondo per la secolare tradizione pastaria, unito alla ricerca della verità.

Le memorie orali – che pur contengono sempre fondi di verità – vanno vagliate con attenzione e “messe alla prova” dei fatti, incrociandole con attenzione ai documenti disponibili. I documenti difficilmente mentono, ma vanno “letti” con attenzione e interpretati grazie ad una approfondita indagine del contesto. Il ruolo fondamentale degli archivi e delle istituzioni culturali emerge in questa storia esemplare, che porta a riscrivere completamente le vicende di una famiglia di spicco dell’arte bianca partenopea. Ma appare evidente come la storia dell’impresa sia – a tutti gli effetti – una storia con la “S” maiuscola, fatta non solo di numeri, ma di persone, di intelligenze, di progettualità, di visione.

L’impossibilità di trovare un riscontro documentale alla narrazione dominante, che individuava in August Van Vittel il capostipite della famiglia Voiello, ha contribuito a innescare una ricerca genealogica estremamente accurata e interdisciplinare, a cavallo tra archivistica e paleografia. Lo studio, condotto con grande precisione e dovizia di particolari, ricostruisce le varie generazioni della famiglia Voiello e le loro diverse esperienze professionali.

Nello sviluppo della storia non mancano le sorprese: grazie ai documenti recuperati, l’origine della dinastia Voiello viene fatta risalire agli inizi del Settecento, nel paese di Bracigliano (SA) dove viveva Emanuele Gaudiello, da considerarsi il vero capostipite della famiglia. Sarà per effetto di un errore di trascrizione del parroco della chiesa di Torre Annunziata, rev. Domenico Ammendola, che il cognome Gaudiello si muta in Voiello e tale rimane fino ad oggi.

La fabbrica di armi e polvere da sparo della cittadina campana darà lavoro a varie generazioni di Voiello.

Ma per trovare un Voiello impiegato nell’attività pastaia, dobbiamo aspettare l’inizio dell’Ottocento, quando Andrea Voiello assume le specifiche di maccaronaro e semolaro, diventando così il primo testimone di una lunga e proficua tradizione familiare. La ricerca ricostruisce quindi la storia del Pastificio Voiello, che si intreccia inestricabilmente con quella della famiglia, in tutte le varie fasi di sviluppo, declino e rinascita fino ai giorni nostri, in cui Voiello è un marchio di prestigio all’interno del Gruppo Barilla.

La documentazione raccolta e puntualmente riportata ci permette di seguire i vari passaggi di proprietà delle quote tra genitori e figli, ma anche i trasferimenti dei siti produttivi e le innovazioni tecnologiche introdotte. Ne emerge un quadro che mostra come il pastificio Voiello, grazie ad una ininterrotta attività rispettosa della qualità, fosse giunto ad acquisire un prestigio che non venne scalfito neppure negli anni Settanta del Novecento, quando la situazione economica particolarmente delicata lo portò a confluire nel Gruppo Barilla, mostrando la forza e il valore di una azienda che riesce a riemergere e a trovare nuova energia nella fedeltà ai propri principi.

Lo stesso corredo iconografico fornito e scovato dagli autori fra collezionisti ed ex dipendenti integra e arricchisce il materiale del vasto fondo archivistico Voiello conservato dall’Archivio Storico Barilla dimostrando una precisa e costante attenzione alla qualità del prodotto e della comunicazione.

L’Archivio Storico Barilla ha collaborato volentieri con gli Autori, nella convinzione che fosse fondamentale colmare una lacuna storica e ha apprezzato la loro passione, impegno e competenza nell’ambito della storia locale torrese. Per questo approfitta di queste brevi righe per esprimere tutta la riconoscenza ad Antonio, Salvatore e Vincenzo per le energie profuse, che hanno permesso, dopo anni di ricerche di giungere ad un risultato inatteso: una pagina di storia, non solo torrese, ma italiana, è stata interamente riscritta.