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La prof. Lucia Muoio scrive al direttore del Parco Archeologico di Pompei affinché il patrimonio storico artistico locale ritorni in sede

Da tempo ci chiediamo quale dovrebbe essere la vocazione di una città come Torre Annunziata che vanta di un patrimonio storico e artistico di grande valore ma ormai annientata da tempo da crisi economiche e sociali profonde, e da politiche sbagliate. Non avendo più un comparto industriale funzionante l’unico sbocco auspicabile, sostenuto con fervore anche da tanti cittadini e associazioni impegnati attivamente e con orgoglio per tenere alta l’attenzione su questo aspetto, è senz’altro quello turistico e culturale.

La prof.ssa Lucia Muoio, docente in quiescenza, socia attiva del Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno” e autrice di vari testi di Storia Locale, vista l’attenzione ultima dimostrata verso il patrimonio archeologico di Torre Annunziata, dal nuovo e giovane direttore del Parco Archeologico di Pompei, dr. Gabriel Zuchtriegel, oggi gli ha indirizzato un’accorata missiva, con la quale chiede la possibilità di un suo impegno affinché la città possa finalmente rivedere riunificato e musealizzato in loco l’intero suo patrimonio storico artistico, da tempo conservato presso altre sedi statali lontane dal suo locus naturalis.

 

«Gentile Signor Direttore Gabriel Zuchtriegel,

sono Lucia Muoio, insegnante in pensione, e Le scrivo in merito alla sorte di tutti i reperti archeologici e oggetti d’arte appartenenti alla comunità di Torre Annunziata, ma ora dispersi sul territorio della provincia napoletana (si pensi al raro forziere ritrovato nella Villa B del sito archeologico di Oplonti o a tutti i reperti archeologici, provenienti dallo stesso sito e oggi custoditi al MANN, oppure ancora, facendo un salto temporale, al sarcofago rinascimentale di Nicola d’Alagno, trasferito a fine Ottocento dalla locale chiesa della Santissima Annunziata al Museo Civico “Gaetano Filangieri” di Napoli).

Mi chiedo, e Le chiedo, come si possa accettare fino all’inverosimile che vengano sradicate dal loro contesto storico le testimonianze della millenaria storia di una comunità, che a fatica cerca di ritrovare la propria identità per trasmettere alle future generazioni la memoria storica di un luogo che sin dalle sue origini ha dimostrato di essere un centro di profonda cultura, con le sue schiere di intellettuali e studiosi, anche se spesso ignorati dagli stessi concittadini.

Torre Annunziata, come sappiamo, sorge sulle rovine dell’antica Oplonti, seppellita insieme a Pompei, Ercolano e Stabia dalla furiosa eruzione del 79 d.C., e si estende oggi dalle pendici dello sterminator Vesevo fino alla costa. Seguendo i lineamenti storiografici e i coinvolgimenti nella storia della vicina Napoli, Torre Annunziata conosce in fasi successive varie dominazioni prima di poter conquistare con i D’Alagno una propria identità politica, amministrativa e sociale.

A questo punto, dobbiamo porci la domanda “quale ruolo vogliamo attribuire all’arte? Vogliamo considerarla un propulsore che dia impulso al turismo e all’economia del Paese?”. Facciamo pure! Ma, seguendo la corrente di pensiero degli ultimi studiosi e critici d’arte, non dimentichiamo di trasformare i cittadini fruitori da consumatori del patrimonio culturale in attori di una realtà che proietti la comunità torrese verso il futuro, con la consapevolezza di appartenere alla storia della propria città, costruita e difesa dai nostri antenati spesso con il sacrificio della propria vita.

Possiamo accettare, allora, che continui ancora lo stillicidio di opere d’arte di epoche più disparate, anche e soprattutto in questo momento di crisi generale?

Alla luce di quanto esposto, auspico che i nostri tesori, soprattutto quelli riscoperti nel sito archeologico di Oplonti, gli ori, lo stesso forziere, la statuaria, gli oggetti fittili, le testimonianze di pittura parietale, possano ritornare presto a casa, per continuare a dialogare con il contesto di appartenenza e a trasmettere la memoria della nostra identità, senza la quale una comunità non può definirsi tale e un popolo, in particolare di giovani, non può acquisire (come sosteneva Piero Calamandrei) una lucida consapevolezza del valore civile e politico della cultura, soprattutto come mezzo di resistenza contro la violenza e contro ogni forma di totalitarismo, sia politico che intellettuale. Solo in questo modo possiamo frenare il collasso della nostra città e scuotere l’indifferenza che prepotente ci circonda e ci tiene prigionieri.

Certa di un riscontro favorevole, La ringrazio per l’attenzione, e mi auguro che la mia città possa vivere una brillante rinascita anche e soprattutto attraverso la cultura e il Suo impegno.

Nell’augurarLe buon lavoro, Le invio i miei più cordiali saluti,

Lucia Muoio»

 

Noi tutti del Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno ci auspichiamo che l’appello lanciato dalla prof.ssa Lucia Muoio, venga accolto e che segua un interesse proficuo e conseguiti sviluppi.

Vincenzo Marasco, Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”.